Meccanismi Neurofisiologici degli Antidepressivi


I farmaci efficaci nel trattamento delle forme depressive agiscono sulle vie cerebrali serotoninergiche e noradrenergiche.

In seguito all’introduzione delle tecniche per localizzare nel cervello i neuroni contenenti serotonina e noradrenalina come la spettro-foto-fluorometria, si è visto che le vie serotoninergiche originano nei nuclei del rafe del tronco encefalico. Questi neuroni proiettano diffusamente al proencefalo ramificandosi in modo tale che ciascun neurone contrae sinapsi con centinaia di cellule, anche nel cervelletto e nel midollo spinale, nel sistema limbico, talamo, ipotalamo, gangli della base, corteccia cerebrale.

Le vie noradrenergiche prendono origine principalmente nel locus coeruleus (ponte, sostanza reticolare) e proiettano superiormente all’ipotalamo, al talamo e a tutte le regioni della corteccia cerebrale; gli assoni discendenti raggiungono le corna dorsali e ventrali del midollo spinale.

Una volta sintetizzate le molecole di noradrenalina e serotonina vengono immagazzinate nelle vescicole delle rispettive terminazioni sinaptiche.

Al soggiungere dell’impulso nervoso queste monoamine vengono liberate per esocitosi nello spazio sinaptico e vanno a legarsi con i recettori nelle membrane del neurone post-sinaptico. Ma la loro attività viene moderata dalla riassunzione attiva dei neurotrasmettitori da parte delle terminazioni pre-sinaptiche, delle cellule gliali e in qualche misura anche dei neuroni post-sinaptici.

Nelle terminazioni pre-sinaptiche queste sostanze vengono infine immagazzinate di nuovo nelle vescicole o catabolizzate principalmente da parte dell’enzima mitocondriale MAO (monoaminossidasi).


Ipotesi Aminergica della Depressione


Fino a poco tempo fa l’ipotesi aminergica era quella generalmente accettata: in base a questa ipotesi le forme depressive dipenderebbero dalla diminuita disponibilità di serotonina e/o noradrenalina.

Tale ipotesi si fondava su diverse osservazioni:

1) IMIPRAMINA e IPRONIAZIDE, anche se con meccanismi differenti, avevano l’effetto finale di elevare le concentrazioni di serotonina e noradrenalina nel sistema nervoso centrale; questi farmaci hanno un effetto antidepressivo.

2) Il 15-20% dei pazienti trattati con RESERPINA (un neurolettico che al contrario riduce le quanti di serotonina e noradrenalina), mostrano i sintomi caratteristici della depressione grave. La reserpina viene usata sempre meno come neurolettico a causa della sua capacità ipotensiva (cioè di abbassare la pressione sanguigna); per questo motivo trovò largo impiego nel trattamento dell’ipertensione. Questi farmaci diminuiscono la quantità nel cervello di dopamina, noradrenalina e serotonina, poiché provocano la rottura delle vescicole che le contengono (nella terminazione sinaptica), con conseguente riversamento nel citoplasma e loro distruzione enzimatica (MAO).

3) Negli animali l’IPRONIAZIDE (inibitore delle MAO) impedisce la liberazione delle amine biogene nel citoplasma determinata dalla reserpina, annullando il suo effetto depressivo.

4) Misure della concentrazione di noradrenalina e serotonina nel cervello di pazienti depressi suicidi hanno dimostrato che, nel cervello di questi individui, vi erano livelli più bassi di serotonina rispetto ai cervelli di individui morti per incidente.

5) La scoperta fatta dalla ricercatrice svedese Marie Åsberg, per cui il principale metabolita della serotonina, l’acido s-idrossi-indolacetico, è presente nel liquido cerebrospinale di pazienti depressi in una quantità pari a circa la metà rispetto ai livelli normali.

Questa misurazione rifletteva meglio la quantità di serotonina liberata che non la misurazione della serotonina stessa, visto che il livello di serotonina all’interno dei neuroni, anche quando sono in attività, non si abbassano perché i meccanismi omeostatici stimolano la sintesi di una maggiore quantità di serotonina per rimpiazzare quella che è stata liberata.

Per quanto riguarda la noradrenalina, la Åsperg osservò che mentre molti pazienti depressi non presentavano alterazioni dei suoi livelli, un gruppo di pazienti possedeva livelli molto più bassi.

Inoltre la Åsperg osservò che i pazienti con bassi livelli di prodotti di demolizione della serotonina erano molto più apatici ed inattivi e davano l’impressione di avere una forma più grave di depressione.

Ciò nonostante, recentemente, si è osservato che anche i pazienti aggressivi e irrequieti presentano livelli analoghi.

Tutte queste osservazioni forniscono, tuttavia, soltanto indicazioni indirette in favore dell’ipotesi che nelle forme depressive la trasmissione aminergica sia anormale.


La Down Regulation


Attualmente sembra esistere un consenso generale sul fatto che l’ipotesi originaria, secondo la quale una riduzione della liberazione di catecolamine determini depressione, mentre un aumento determini euforia, non sia più sostenibile.

Tutto ciò è dovuto ad una serie di osservazioni.

Nonostante che, sia gli antidepressivi triciclici che gli inibitori delle MAO, abbiano effetti rapidi sulla quantità delle amine biogene a livello sinaptico, la loro attività terapeutica comincia a manifestarsi solo dopo almeno almeno 2 settimane. Quindi c’è un periodo di latenza nell’effetto prodotto dall’antidepressivo.

Ad esempio, somministrando 200 mg di imipramina al giorno ad un paziente depresso, i livelli ematici raggiungerebbero un valore costante in 4 giorni, ma una risposta terapeutica ben definita potrebbe non essere evidente fino al 12° giorno dall’inizio della terapia. Questo periodo di latenza, che è di circa 2 settimane (da 2 a 4) corrisponde al periodo impiegato dai neuroni post-sinaptici nel diminuire la propria sensibilità recettoriale nei confronti di serotonina e noradrenalina.

E’ stato ampiamente dimostrato che i neuroni post-sinaptici dei ratti sottoposti ad un trattamento cronico a base di antidepressivi, diminuiscono il numero di recettori, in questo caso aminergici, nelle loro membrane, attuando un meccanismo definito DOWN REGULATION.

Tale meccanismo è una specie di meccanismo a feedback fondato sul principio per cui un aumento sostenuto della quantità di neurotrasmettitore disponibile altera la normale omeostasi, per cui si instaurano meccanismi compensatori che in qualche modo riconducano al normale equilibrio. Questo meccanismo ha come effetto la riduzione del numero di recettori post-sinaptici.

In base  a questo dato si ipotizza che il meccanismo che è alla base delle sindromi depressive non sia un’alterazione delle quantità di monoamine, ma un’alterazione dei recettori post-sinaptici. In tal caso la psicofarmacologia dovrà concentrare la sua attenzione verso la ricerca di farmaci che agiscono selettivamente sui recettori e non sulle ammine.

In realtà il ruolo della noradrenalina è stato notevolmente ridotto da ricerche recenti e l’attenzione è ora rivolta ad alcune sottoclassi recettoriali serotoninergiche.

Vi sono casi ben documentati di depressione in cui i livelli di noradrenalina non sono affatto ridotti ma tendono invece a divenire elevati.